Rasputin – La Vera Storia

Rasputin

Un uomo misterioso

Rasputin, in questo articolo proveremo a fare un pò di luce su questo personaggio, la sua vita, il suo mistero, il suo ruolo nella corte degli Zar di Russia e molto altro. Addentriamoci insieme nella vita di questo personaggio controverso, misterioso e duro a morire…

Rasputin : Chi era – Biografia

Risultati immagini per rasputinGrigorij Efimovič Rasputin (Novych), nacque il 10 gennaio 1869 a Prokovskoe, un piccolo villaggio della Siberia, sulle rive del fiume Tara, presso Tobolsk, vicino ai Monti Urali. è stato un mistico russo, consigliere privato dei Romanov e figura molto influente su Nicola II di Russia, in particolare dopo l’agosto 1915, quando lo zar prese il comando dell’esercito nella prima guerra mondiale. Vi sono diverse incertezze su gran parte della vita di Rasputin. Egli è tuttora sinonimo di potenza, dissolutezza e lussuria, mentre a suo tempo la sua presenza ebbe un ruolo significativo nella crescente impopolarità della coppia imperiale.

Figlio di un vetturino postale, Efim Jakovlevič Rasputin, e di una contadina, Anna Vasil’evna Paršukova, Grigorij Rasputin nacque il 21 gennaio 1869 (9 gennaio secondo il calendario russo all’epoca in vigore) nel piccolo villaggio di Pokrovskoe, situato a 80 km a est di Tjumen’ nel Governatorato di Tobol’sk (Siberia sudoccidentale); fu battezzato il giorno seguente, intitolato a San Gregorio di Nissa; tanto la nascita quanto il battesimo sono documentati dal registro parrocchiale del villaggio.

Grigorij era il quinto di nove figli ma solo lui e una sorella, Feodosija (25 maggio 1875 – 1900), raggiunsero la maturità. Per anni alternò il lavoro dei campi all’allevamento di cavalli e all’attività di vetturino. Non frequentò la scuola ma, grazie ad un forte carisma, attirò spesso l’attenzione degli altri; in ogni caso le poche informazioni disponibili sulla sua infanzia e giovinezza sono state tramandate da una figlia di Rasputin, Maria, e spesso vengono considerate inaffidabili.

In ogni caso, già in giovane età dimostrò una indole estremamente riservata, tesa alla spiritualità e al misticismo ossessivo, fenomeno che in realtà era diffuso da secoli e frequente tra i popolani della Russia centrale che non avevano conosciuto l’oppressione della servitù della gleba tanto quanto era accaduto nelle campagne della Russia europea. All’età di 8 anni Grigorij cadde in un torrente, insieme al fratello Mickhail; quest’ultimo morì dopo una polmonite che colpì entrambi. Tale evento colpì duramente Grigorij, che si isolò ulteriormente dal mondo.

Curiosità: Si narra che da piccolo cadde nel fiume gelido con suo fratello e che riuscì a guarire da una grave polmonite, dopo giorni di deliri e strane visioni. Suo fratello, invece, morì, lasciando un vuoto incolmabile nella sua esistenza.

Bambino turbolento, si trasformò in fretta in un giovane uomo irrequieto che infilava un guaio dopo l’altro. Si ubriacava, rubava e correva dietro alle donne per soddisfare un appetito sessuale che sembrava non placarsi mai.

Curiosità: Rasputin è il soprannome che si guadagnò proprio in quegli anni e, in russo, significa depravato.

In una delle sue tante scorribande finì nel monastero di Verhoturje dove si imbatté nella setta Khlysty rinnegata dalla Chiesa ufficiale ortodossa.

Curiosità: Gli adepti di tale setta sostenevano che per comprendere appieno l’essenza di Dio era necessario peccare. Tramite l’intima conoscenza del male il peccatore poteva pentirsi, confessare e infine ottenere il perdono. Un circolo vizioso, che aveva come obiettivo la catarsi, in cui l’uomo si macchiava di ogni tipo di colpa per continuare a godere della grazia divina.

Un diciannovenne Rasputin abbracciò volentieri la nuova religione, cominciò a vestirsi come un monaco, si attenne con costanza ai dogmi della setta, adattandoli però a suo piacimento a seconda delle occasioni, e si proclamò veggente e guaritore. Diceva di aver avuto delle visioni e di essere guidato dal volere di Dio. Ebbero inizio i suoi pellegrinaggi attraverso il paese, durante i quali attirò l’attenzione di chi vedeva in lui una piacevole novità in un impero incatenato ad antiche regole ferree.

Rasputin e il matrimonio.

Il 2 febbraio 1887 si sposò con Praskov’ja Fëdorovna Dubrovina, di tre anni più grande, da cui ebbe sette figli: Mickhail (1888–1893), i gemelli Georgij e Anna (1894–1896), Dmitrij (1895–1937), Matrëna (1898–1977), Varvara (1900–1925) e Praskov’ja (nata nel 1903 e morta dopo due mesi e mezzo a causa di pertosse, la stessa malattia che colpì i due gemelli nel 1896, mentre Mickhail morì a causa della scarlattina). L’aver creato una famiglia non fermò Rasputin dal suo viaggiare difatti arrivò in Grecia e a Gerusalemme. Alto, vestito di una lunga tonaca, lo sguardo penetrante, quasi da folle, un particolare carisma da santone in possesso di conoscenze da rivelare solo a pochi eletti, Rasputin riuscì a guadagnarsi la simpatia di molte persone, inclusi i religiosi della città di Kazan, vicino al fiume Volga, e fu da essi invitato a visitare la capitale di allora, San Pietroburgo.

Rasputin e il suo arrivo alla Corte dello Zar.

Nel 1903 decise di recarsi in pellegrinaggio a Kiev; poi si recò a Kazan’ dove, grazie alla sua profonda conoscenza delle scritture e alle sue interpretazioni assai acute e originali, attirò l’attenzione del vescovo e della classe dirigente.

In seguito si diresse verso San Pietroburgo, per incontrare Giovanni di Kronštadt, a cui volevo chiedere donazioni per costruire la chiesa del villaggio e incontrare il rettore della facoltà di Teologia della capitale, Ivan Stragorodskij; la data del viaggio è oggetto di discussione: secondo Pierre Gilliard, Rasputin arrivò nel 1905; Nelipa pensa sia giunto nell’autunno dell’anno precedente; Iliodor testimonia che vi fosse già nel dicembre del 1903 ed Helen Rappaport pensa che fosse arrivato per la quaresima del 1903.

A San Pietroburgo Rasputin soggiornò presso il monastero di Aleksandr Nevskij Lavra e incontrò altri esponenti del misticismo: tra di essi Germogen Dolganov e Feofan di Poltava, il quale, profondamente colpito dalle qualità di Grigorij, decise di ospitarlo nel proprio appartamento; in seguito, il monaco siberiano fu invitato dalla principessa Milica del Montenegro e da sua sorella Anastasia, grandi fautrici dei mistici e interessate di spiritismo. Finalmente, il primo novembre 1905 (calendario giuliano), Milica introdusse Rasputin a corte e lo presentò allo zar, Nicola II, e alla moglie Aleksandra.

L’incontro con Rasputin si colloca in un periodo estremamente difficile per lo zar il quale, a seguito della pesante sconfitta militare nella guerra russo-giapponese e agli eventi della rivoluzione del 1905, aveva dovuto siglare il “Manifesto di ottobre” con il quale rinunziava a parte dei suoi poteri autocratici. Nel mese di ottobre 1906, su richiesta dello zar, Rasputin si recò in visita alla figlia di Pëtr Stolypin, alcune settimane dopo che, insieme al padre, subì un attentato bomba; il 15 dicembre dello stesso anno, presentò una petizione allo zar chiedendo di cambiare nome in Rasputin-Novych (Новых) onde evitare confusione con le altre sei famiglie del suo villaggio che portavano lo stesso cognome; la richiesta fu accolta nel marzo dell’anno seguente.

Guaritore dello Zarevic.

rasputinNel mese di aprile 1907, Rasputin fu nuovamente invitato a Carskoe Selo, questa volta per vedere lo zarevic Aleksej Nikolaevič Romanov il quale, malato di emofilia di tipo B, aveva subito una caduta che aveva gravemente compromesso il suo stato di salute.

La malattia dello zarevic era all’epoca tenuta segreta e non aveva una cura definitiva: la zarina (che per lo stesso male aveva già perso il fratello minore e lo stesso padre), dunque, dopo aver confidato nei medici, decise di rivolgersi a Rasputin stesso il quale asseriva di aver la capacità di guarire attraverso la preghiera; in effetti, a dispetto della prognosi infausta dei medici, già dal giorno dopo l’incontro con Rasputin, lo zarevic aveva dato limitati segni di recupero. A seguito di tali risultati, lo zar e la zarina gli permisero di visitare sempre più spesso la loro riservatissima casa, situata nel parco di Carskoe Selo.

Pierre Gilliard, lo storico francese Hélène Carrère d’Encausse e il giornalista Diarmuid Jeffreys hanno attribuito il merito delle cure di Rasputin al fatto che avesse sospeso la somministrazione di aspirina: l’aspirina, in effetti, è un analgesico che però ha effetti deleteri sulla coagulazione del sangue e aveva dunque rafforzato i sintomi della emofilia, peggiorando sia il sanguinamento che il gonfiore articolare.

Alcuni anni dopo, il 9 ottobre 1912, mentre la famiglia reale visitava una tenuta di caccia nella foresta di Białowieża, Aleksej, a causa dei sobbalzi continui della carrozza, si procurò un ematoma alla coscia superiore sinistra che presto degenerò in una fortissima emorragia; la zarina, disperata, si rivolse alla dama di compagnia affinché avvisasse Rasputin, che in quelle settimane risiedeva al suo villaggio natio con la famiglia (era stato momentaneamente allontanato per contrasti con la corte). Rasputin inviò la risposta il giorno seguente affermando, in un telegramma, che il bambino non sarebbe morto e che i medici non si sarebbero dovuti preoccupare troppo; pian piano, la febbre e i gonfiori si attenuarono, anche se il ragazzo dovette subire una lunga convalescenza. A seguito di questo episodio, la zarina e parte della corte credettero che Rasputin avesse curato Aleksej grazie al potere della preghiera, e si avvicinarono ancora di più alla religione.

In ogni caso, il monaco siberiano non era benvoluto a corte: l’archiatra, Botkin, lo riteneva un ciarlatano e attribuiva il merito delle cure all’ipnosi, ma va ricordato che lo stesso Rasputin si interessò a tale pratica solo dopo il 1913; il principe Feliks Jusupov, tra i più risoluti nemici di Rasputin, ha suggerito che il monaco segretamente drogasse lo zarevic con erbe curative tibetane, l’uso delle quali, tuttavia, era stato respinto dallo zar stesso; infine, secondo la figlia di Rasputin stesso, Marija, le guarigioni sarebbero dovute a magnetismo.

Tali spiegazioni, tuttavia, hanno il limite di non riuscire a spiegare il modo in cui Rasputin fosse riuscito a guarire il ragazzo pur essendo in Siberia e possono essere derivate dal fatto che la famiglia imperiale fosse estremamente isolata rispetto alla nobiltà e alla società russa. Molti studiosi rigettano l’idea che Rasputin avesse evocato spiriti o usato trucchi magici e pensano piuttosto che si fosse servito della propria calma e della propria capacità di convinzione e persuasione.

Il suo omicidio.

Nel 1916, in una fredda notte di dicembre, il principe Felix Felixovič Jusupov lo invitò a cena nel suo palazzo per fargli incontrare la bellissima moglie Irina, nipote dello Zar. Rasputin accettò con entusiasmo, anche se era già stato vittima di un paio di attentati e più di una persona gli aveva consigliato di uscire il meno possibile. Irina era una delle poche donne che ancora mancavano alla sua personale collezione di dongiovanni impenitente e non poteva lasciarsi sfuggire una simile occasione. Non sapeva che Irina si era rifiutata di prendere parte al complotto e si trovava molto lontano dal suo palazzo. Felix spiegò in seguito che aveva ucciso Rasputin per salvare la Russia, ma il fatto che non si fosse mai dichiarato apertamente un fanatico sostenitore della famiglia reale e che fosse un bisessuale ci porta a concludere che i motivi furono ben altri. La paura che il monaco potesse rivelare particolari piccanti sugli incontri avvenuti tra loro si unì all’invidia per un sempliciotto che era entrato nelle grazie dei sovrani. Il gruppo formatosi per portare a termine l’operazione comprendeva, oltre a Felix, il cugino dello Zar Gran Duca Dimitrij Pavlovič RomanovVladimir Mitrofanovič Puriškevič, il luogotenente Sukotin e il dottor Lazavert. Il piano era semplice: l’avrebbero avvelenato. Per essere sicuro del risultato Felix aggiunse cianuro ai dolci, al tè e al vino (il madera che il monaco adorava). Rasputin arrivò verso le undici e si tuffò sull’alcol e sul cibo, ingurgitando abbastanza veleno da uccidere sei uomini. Felix mentì dicendo che Irina sarebbe arrivata molto presto e attese accanto a lui che il cianuro facesse effetto, mentre i suoi complici aspettavano al piano di sopra. Accadde invece che Rasputin, mezzo ubriaco, chiese a Felix di suonare la chitarra per lui fino alle due del mattino, ora in cui propose di andare a fare un giro in città. Sgomento, Felix si scusò e salì al piano di sopra dove trovò Dimitrij e Vladimir con gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore e soprattutto per il terrore di trovarsi di fronte a un essere soprannaturale capace di cenare a base di veleno e accusare poi un semplice bruciore di stomaco. I tre decisero di passare alle maniere forti. Felix scese con una pistola e (si dice) vide il monaco che pregava ai piedi di un crocefisso. Gli sparò nella schiena. Arrivarono i due complici che aiutarono Felix a spostare il monaco dal prezioso tappeto di pelliccia sul quale era caduto. Rasputin era ancora vivo, ma pensarono che sarebbe morto per dissanguamento entro pochi minuti. Spensero la luce, chiusero la porta e salirono al piano di sopra per discutere su come liberarsi del corpo. Un’ora dopo Felix scese a controllare. Sembrava che Rasputin fosse morto, ma quando tentò di muoverlo il monaco aprì gli occhi e cominciò a chiamarlo per nome: “Felix… Felix… Felix…”. Rasputin era stato avvelenato, trafitto da una pallottola, lasciato a dissanguarsi per un’ora, eppure il suo cuore continuava a battere. Il principe terrorizzato scappò di sopra e riferì ai complici che il monaco era ancora vivo. Vladimir capì che Felix era fuori di sé e ormai incapace di gestire la situazione, perciò prese il revolver e si accinse a occuparsi personalmente della cosa. Mentre scendeva le scale fu costretto a soffocare un urlo di orrore. Rasputin stava barcollando verso la porta, tra gemiti e parole sconnesse. Riuscì ad arrivare in giardino e quindi nei pressi del cancello prima che Vladimir gli sparasse quattro volte. Uno proiettile lo colpì alla spalla e un altro alla testa. Cadde a terra dove continuò a gemere e a strisciare verso il cancello. Vladimir lo raggiunse e prese a sferrare calci furiosi alla testa del monaco con i robusti stivali finché non smise di muoversi. Non è chiaro se sia stato anche ripetutamente pugnalato e preso a randellate, ma sta di fatto che a quel punto respirava ancora. Fu avvolto in una coperta pesante, legato con una corda e quindi gettato in uno dei pochi punti non congelati del fiume Neva nel quale infine morì annegato.

 I sicari avevano dimenticato di appesantire il cadavere con delle pietre, perciò fu presto ripescato (o meglio, tirato fuori dal ghiaccio) il 19 dicembre. Già poche ore dopo Felix e Vladimir venivano interrogati dalla polizia. Gli inesperti assassini avevano lasciato tracce evidenti del loro crimine dappertutto, sia nel palazzo sia nel giardino. Prima dell’incontro fatale avevano ordinato al monaco di non rivelare a nessuno la sua destinazione, ma questi aveva invece avvertito parecchie persone, incluse le due figlie che da qualche tempo vivevano con lui. Furono proprio queste a guidare la polizia alla casa di Felix. Il principe aveva nel frattempo sparato al suo cane per deporlo in giardino e confondere le tracce di sangue lasciate da Rasputin. Gli investigatori non si lasciarono ingannare: c’era troppo sangue per un cane e molte persone avevano udito gli spari. Nicola II fece ritorno nella capitale e decise di mandare in esilio i due colpevoli. Ironia della sorte, questo li salvò dalla rivoluzione bolscevica che di lì a poco avrebbe rovesciato il trono e mietuto un mare di vittime. La nobiltà vedeva in Felix e Vladimir due eroi che li avevano liberati dall’ingombrante presenza di Rasputin. Invece i contadini considerarono l’omicidio del monaco come l’ennesimo sopruso ai danni del popolo da parte degli aristocratici. La sua morte fu quindi la goccia che fece traboccare il vaso. Come scrisse più tardi la Grand Duchessa Maria Pavlova: “… I partecipanti al complotto compresero in seguito che agendo con l’intento di preservare l’antico regime gli avevano invece dato il colpo di grazia.”

A soli tre mesi dalla morte di Rasputin, la famiglia reale fu imprigionata, molti membri furono arrestati e almeno venti fucilati sul posto. Meno di due anni dopo la morte del monaco pazzo, la famiglia reale veniva annientata nel più barbaro dei modi. Nelle foto scattate all’epoca la stanza in cui avvenne il massacro si presenta come un mattatoio. Nicola, Alessandra, Maria, Olga, Tatiana, Anastasia e Alessio furono crivellati dai proiettili che devastarono un’intera parete. Il sangue finì praticamente ovunque. Poi i corpi furono infilzati con le baionette, portati all’aperto, denudati, fatti a pezzi con seghe e asce, e infine bruciati. Le ossa che sopravvissero alle fiamme furono gettate in una miniera che fu poi fatta saltare in aria. In seguito a questo inumano trattamento inflitto ai cadaveri nacque il mistero di Anastasia. I resti recuperati non permettono di stabilire se effettivamente tutti i membri della famiglia fossero presenti il giorno del massacro.

Curiosità :Il monaco aveva previsto la sua morte con largo anticipo. Lo scrisse chiaramente nei suoi diari, ricchi, tra l’altro, di profezie alla Nostradamus che prospettano per l’umanità un futuro di morte e disperazione. Ecco cosa scrive riguardo la propria fine e quella dei Romanov: “… Sento che devo morire prima dell’anno nuovo. Voglio fare presente però al popolo russo, al Babbo, alla Madre della Russia ed ai Ragazzi, che se io sarò ucciso da comuni assassini, e specialmente dai miei fratelli contadini russi, tu, Zar di Russia, non avere paura, resta sul tuo trono e governa e non avere paura per i tuoi Figli perché regneranno per altri cento e più anni. Ma se io verrò ucciso dai nobili, le loro mani resteranno macchiate del mio sangue e per venticinque anni non potranno togliersi dalla pelle questo sangue. Essi dovranno lasciare la Russia. I fratelli uccideranno i fratelli, ed essi si uccideranno l’un l’altro. E per venticinque anni non ci saranno nobili nel Paese. Zar della terra di Russia, se tu odi il suono delle campane che ti dice che Grigorij è stato ucciso, devi sapere questo. Se sono stati i tuoi parenti che hanno provocato la mia morte, allora nessuno della tua famiglia, cioè nessuno dei tuoi figli o dei tuoi parenti rimarrà vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal popolo russo… Pregate, pregate, siate forti, pensate alla vostra benedetta famiglia.”

 

Curiosità : In un altro punto dei suoi scritti dichiara: “… Ogni qual volta abbraccio lo Zar e la Mamma (Rasputin chiamava così la Zarina) e le ragazze e lo Zarevič (il piccolo Alessio) la mia schiena è percorsa da un brivido di terrore. È come se tra le braccia stringessi dei cadaveri… E allora prego per questa gente perché sento che in questa nostra Russia è quella che ne ha più bisogno. E prego per tutta la famiglia Romanov perché su di lei sta calando l’ombra di una lunga eclissi.”

Ecco amici questa è l’incredibile storia del monaco pazzo Rasputin , verità? menzogna? Alcune vole come certe volte viene detto “la verità risiede nel mezzo”. Spero che questo lungo articolo su Rasputin vi sia piaciuto come al solito vi lascio in ultimo tutti i modi per seguirci e contattarci:

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